Paolo e Francesca: la ricostruzione del delitto nelle parole del Boccaccio
G. Boccaccio, Il comento alla Divina Commedia, lez. XIX e XX
Prima che più avanti si proceda, è da raccontare chi costei fosse, e perché morta, acciocché più agevolmente si comprenda quello che essa nelle sue seguenti parole dimostrerà. È adunque da sapere che costei fu figliuola di messe Guido vecchio da Polenta, signor di Ravenna e di Cervia; ed essendo stata lunga guerra e dannosa tra lui e i signori Malatesta di Rimino, addivenne che per certi mezzani fu trattata e composta la pace tra loro. La quale acciocché più fermezza avesse, piacque a ciascuna delle parti di volerla fortificare per parentado; e ‘l parentado trattato fu che il detto messer Guido dovesse dare per moglie una sua giovane e bella figliuola, chiamata madonna Francesca, a Gianciotto, figliuolo di messer Malatesta. Ed essendo questo ad alcuno degli amici di messer Guido già manifesto, disse un di loro a messer Guido:
- Guardate come voi fate, percioché se voi non prendete modo ad alcuna parte, che in questo parentado egli ve ne potrà seguire scandolo. Voi dovete sapere chi è vostra figliuola, e quanto ell’è d’altiero animo; e, se ella vede Gianciotto, avanti che il matrimonio sia perfetto, né voi né altri potrà mai fare che ella il voglia per marito. E perciò, quando vi paia, a me parrebbe di doverne tener questo modo: che qui non venisse Gianciotto ad isposarla, ma venisseci un de’ frategli, il quale come suo pocuratore la sposasse in nome di Gianciotto.
Era Gianciotto uomo di gran sentimento, e speravasi dover lui dopo la morte del padre rimanere signore; per la qual cosa, quantunque sozzo della persona e sciancato fosse, il disiderava messer Guido per genero più tosto che alcuno de’ suoi frategli. E, conoscendo quello, che il suo amico gli ragionava, dover poter avvenire, ordinò segretamente che così si facesse, come l’amico suo l’avea consigliato. Per che al tempo dato, venne in Ravenna Paolo, fratello di Gianciotto, con pieno mandato ad isposare madonna Francesca. Era Paolo bello e piacevole uomo e costumato molto; e, andando con altri gentiluomini per la corte dell’abitazione di messer Guido, fu da una damigella di là entro, che il conoscea, dimostrato da un pertugio d’una finestra a madonna Francesca dicendole:
- Madonna, quegli è colui che dee esser vostro marito.
E così si credea la buona femmina; di che madonna Francesca incontanente in lui pose l’animo e l’amor suo. E fatto poi artificiosamente il contratto delle sponsalizie, e andatane la donna a Rimini, non s’avvide prima dell’inganno che essa vide la mattina seguente al dì delle nozze levare da lato a sé Gianciotto: di che si dee credere che ella, vedendosi infìgannata, sdegnasse, né perciò rimovesse dell’animo suo l’amore già postovi verso Paolo. Col quale come ella poi si giugnesse, mai non udii dire, se non quello che l’autore ne scrive; il che possibile è che così fosse. Ma io credo quello essere più tosto finzione formata sopra quello che era possibile ad essere avvenuto, chè io non credo che l’autore sapesse che così fosse. E perseverando Paolo e madonna Francesca in questa dimestichezza, ed essendo Gianciotto andato in alcuna terra vicina per podestà, quasi senza alcun sospetto insieme cominciarono ad usare. Della qual cosa avvedutosi un singulare servidore di Gianciotto, andò a lui, e raccontògli ciò che della bisogna sapea, promettendogli, quando volesse, di fargliele toccare e vedere. Di che Gianciotto fieramente turbato occultamente tornò a Rimini, e da questo cotale, avendo veduto Paolo entrare nella camera da madonna Francesca, fu in quel punto menato all’uscio della camera, nella quale non potendo entrare, ché serrata era dentro, chiamò di fuora la donna, e die’ di petto nell’uscio. Per che da madonna Francesca e da Paolo conosciuto, credendo Paolo per fuggire subitamente per una cateratta per la quale di quella camera si scendea in un’altra, o in tutto o in parte potere ricoprire il fallo suo; si gittò per quella cateratta, dicendo alla donna che gli andasse ad aprire. Ma non avvenne come avvisato avea, percioché gittandosi giù s’appiccò una falda d’un corsetto, il quale egli avea indosso, ad un ferro, il quale ad un legno di quella cateratta era; per che, avendo già la donna aperto a Gianciotto, credendosi ella, per lo non esservi trovato Paolo, scusare, ed entrato Gianciotto dentro, incontanente s’accorse Paolo esser ritenuto per la falda del corsetto, e con uno stocco in mano correndo là per ucciderlo, e la donna accorgendosene accioché quello non avvenisse, corse oltre presta, e misesi in mezzo tra Paolo e Gianciotto, il quale avea già alzato il braccio con lo stocco in mano, e tutto si gravava sopra il colpo: avvenne quello che egli non avrebbe voluto, cioè che prima passò lo stocco il petto della donna, che egli aggiugnesse a Paolo. Per lo quale accidente turbato Gianciotto, sì come colui che se medesimo amava la donna, ritirato lo stocco da capo ferì Paolo e ucciselo: e così amenduni lasciatigli morti, subitamente si partì e tornossi all’ufficio suo. Furono poi li due amanti con molte lacrime, la mattina seguente, seppelliti e in una medesima sepoltura.