IL GATTO MAMMONE
regia di Pier Paolo Conconi
con Stefano Chessa, Luisella Conti, Alice Friggia, Margherita Lavosi e Consuelo Pittalis
scene, costumi e maschere di Luisella Conti
disegno luci Paolo Palitta
scenotecnica e fonica Michele Grandi
La trama
Una famiglia povera: una madre e due sorelle, una, di nome Stellina, gentile e buona come il pane appena sfornato e l’altra di nome Peppina, antipatica e dispettosa. Un giorno la madre si trovò nella necessità di chiedere in prestito a qualcuno del vicinato un pezzo di sapone, ma nel vicinato c’era soltanto il palazzo del Gatto Mammone, che era un tipo da prendere con…le unghie; si rivolse dapprima a Peppina che sgarbatamente si rifiutò di andare; Stellina invece, senza esitare, accettò l’incarico. Nel suo viaggio Stellina incontra prima una gattina che si affanna a lavare un pavimento, senza riuscirci, e decide di aiutarla; poi trova due gattine che non riescono a rassettare un lettone enorme e anche stavolta si presta a fare il lavoro per loro; in una terza stanza s’imbatte in tre gattine che non riescono a preparare il pane da infornare e Stellina prepara tutto al posto loro: finalmente viene ammessa alla presenza del Gatto Mammone che la premia generosamente per le sue buone maniere. Ritornata a casa, non vi dico la sorpresa e lo stupore di Peppina e di sua madre per i doni che Stellina aveva portato con sè. Si fecero raccontare ogni cosa e alla fine la donna decise che anche Peppina dovesse provare ad andare dal Gatto Mammone per farsi prestare del sapone e così Peppina fece, ma era sgarbata e dispettosa e non solo non aiutò le gattine che trovò in difficoltà, ma fu talmente sgraziata che, alla fine, ebbe dal Gatto Mammone una…adeguata ricompensa.
La messa in scena
La scelta di lavorare sulla fiaba è legata all’impegno di recuperare la memoria della cultura popolare sarda: il piacere da una parte di far ascoltare una favola briosa, leggera e di chiara morale, eppure divertente e appassionante; dall’altra recuperare attraverso questo immaginario altri “segni” della nostra cultura; il recupero di filastrocche, i proverbi e i suoni e i canti; il ritmo del racconto e i modi di narrare dei Maestri e delle Mastras ‘e contascias (maestre di fiabe); la valorizzazione dei modi di narrare e le tante altre espressioni dell’antropologia agro-pastorale del mondo contadino della Sardegna, dove ad esempio la pulizia, l’ordine e la preparazione del pane scandiscono il tempo della giornata e il ritmo delle stagioni e i cicli noti della vita e della morte.
Il segreto della fiaba risiede nella sua forma: di questo si fa carico la nostra messa in scena, inventando una forma che stimoli la fantasia dei ragazzi, che diverta e che al tempo stesso faccia riconoscere i segnali particolari del nostro passato, non per il gusto di una archeologia retorica, ma per recuperare la nostra identità. Le tecniche utilizzate in questo spettacolo sono miste: l’attore recita insieme a pupazzi, la parola si alterna con il canto e la filastrocca, il linguaggio coreografico e musicale sono ampiamente presenti, insieme all’uso di oggetti e maschere.
PRESENTAZIONE La Nuova Sardegna 09.01.2015
Fiabe sul palco al Ferroviario – A Sassari “Il gatto mammone”, il piacere di raccontare con fantasia
Foto di Piera Tirotto e Alberto Mancosu