Paolo e Francesca
scritto e diretto da Sante Maurizi
con Daniela Cossiga e Sante Maurizi
Dante e le emozioni
Che cosa dire sulla Divina Commedia? Che cosa è importante, cosa è trascurabile, cosa è fondamentale per averne un’idea o capire in che modo ha influenzato la storia e le letterature? La Commedia è uno dei libri più commentati, analizzati, studiati della letteratura mondiale. Ci sono stati scritti “sopra” tonnellate di volumi, articoli, saggi. È uno degli esempi che meglio corrispondono a quel che dice Umberto Eco: “i libri si scrivono grazie ad altri libri”. Grazie alla Commedia milioni di scrittori hanno scritto milioni di pagine. E forse aveva proprio ragione Vittorio Gassman quando, nella presentazione del programma televisivo di lettura del poema, sosteneva che Dante quasi non si possa recitare, tanto è meraviglioso, “alto”, anche difficile. Allo stesso tempo, diceva l’attore, è estremamente popolare, alla portata di chiunque, “perché è emozionante, e le emozioni appartengono a tutti”. Bene. C’è sicuramente nella Commedia una cosa che è la più emozionante di tutte: il quinto canto dell’Inferno. La storia di Francesca da Rimini e Paolo Malatesta.
Leggere e (è) immaginare
Non esistono documenti d’archivio sul tradimento e l’uccisione dei due amanti. La fonte principale è costituita dai versi di Dante e poi – con dovizia di particolari talvolta sospetta – dai suoi commentatori, Boccaccio in testa. “Non condividiamo racconti. Nel comune repertorio di conoscenze delle quattro o cinque generazioni che attualmente convivono in Italia, figurano tuttalpiù una ventina di aneddoti. Fra questi spicca la storia patetica e funesta dei cognati romagnoli. Ma questa storia, che s’è poi appesantita di innumerevoli restroscena mélo e capziosità psicologiche nell’immaginario di poeti risorgimentali e decadenti, nei versi di Dante ha un riscontro irrisorio”. La condivisibile opinione di Vittorio Sermonti, non nega però che l’immaginario di cui parla abbia prodotto un’incredibile ricchezza anzitutto di immagini (illustrazioni del poema, miniature, dipinti, sculture), ma anche di tragedie (Silvio Pellico, Gabriele D’Annunzio), melodrammi (Mercadante, Rachmaninov, Zandonai), parodie (Antonio Petito), parafrasi (Boccaccio), musiche sinfoniche (Ciajkovskij), ed “esercizi” di altri poeti e scrittori (Borges, Sanguineti).Una ricchezza che è propria dei miti: su quei versi e sulla storicità della vicenda ha preso ulteriore forma un archetipo “forte”, quello dei due amanti giovani e belli e del consorte brutto e deforme. Il mito omerico (Odissea, VIII) ripreso da Ovidio (Metamorfosi, IV) di Venere che tradisce Vulcano con Marte (e il tradimento ha qui esito non tragico ma comico), ha con la storia di Paolo e Francesca rapporti forse non sufficientemente approfonditi.
I generi e i linguaggi
È comunque quella ricchezza che vogliamo ripercorrere con lo spettacolo Paolo e Francesca: un viaggio attraverso i generi e i linguaggi che il mito degli “sventurati amanti” danteschi ha incarnato nelle varie arti soprattutto dal Romanticismo in poi. Tra la fine del XVIII e per tutto il XIX secolo ci fu una forte attenzione verso l’opera di Dante e verso il quinto canto dell’Inferno. Il Romanticismo produsse diverse opere che hanno con il quinto canto dell’Inferno un qualche rapporto, sia perché il soggetto centrale è quello della passione e dell’adulterio (Madame Bovary, I dolori del giovane Werther), ma anche perché ciò che fa scatenare la passione di Paolo e Francesca è la lettura di un libro: è la letteratura, che svela qualcosa che è nascosto, produce desideri. L’Ottocento è veramente il secolo dei generi: in questa chiave l’allestimento non può che essere «interdisciplinare», con un’attenzione particolare alle arti figurative e alla musica. Paolo e Francesca è dunque un viaggio attraverso quei generi che l’800 ha utilizzato per raccontare con la pittura, la musica, la scultura, il melodramma, una delle storie che ha amato di più. Lo spettacolo vuole essere anche un’ipotesi di approccio al poema dantesco, nella ricerca di strategie di fascinazione che lo strappino all’obbligo delle letture scolastiche: Una delle immagini della Divina Commedia che mi rimane in mente è quella ufficiale che mi comunicò la scuola superiore, togliendomi per qualche anno il piacere di Dante. Invece del mio bel librone in folio che leggevo sdraiato a pancia in giù sotto la coda del pianoforte, fantasticando sui vortici corruschi del Doré, mi diedero una Commedia cui era cresciuta addosso una lebbra di note, chiose e commenti, dieci volte più lunghi del testo stesso (…). Uscii dal liceo anch’io con l’idea di Dante che più o meno hanno tutti gli italiani con un passato liceale (…): uffa! (Luca Fontana, Il piacere di leggere Dante, Diario della settimana, 18 febbraio 1998). Dopo aver usato il Canto V come una macchina che produce senso, alla fine dello spettacolo “torniamo a Dante”, affidando direttamente alle sue sole parole e a un’immagine fissa l’evocazione, per dirla ancora con Sermonti, di “questo morbido, rapinoso ed estremo canto d’amor profano
Altri percorsi
La passione, il libro, il bacio, l’adulterio, la gelosia: questi luoghi sono la letteratura stessa. Ma soprattutto il libro, il libro Galeotto: “la letteratura è il libro” sembra una tautologia ma non lo è (Borges insegna). Dante “addita la letteratura come ruffiana”: quello stesso meccanismo che produrrà la follia di Don Chisciotte e il Romanzo. E non è un caso che nel momento di massima espressione e di fiducia nella forma-romanzo (nel Werther di Goethe, nella Bovary di Flaubert) sia la letteratura stessa, la pagina scritta, una delle molle principali del plot: il libro come svago e distrazione (leggiavamo un giorno per diletto) ma anche come modello. Semplificando, è ciò che accade quando la realtà imita l’arte, e non viceversa. Quanto di questo meccanismo costituisce la Modernità (l’attualità)? A scuola, oltre ai percorsi “canonici” del corso di Letteratura italiana legati al canto V dell’Inferno, ci potrebbero essere altre direzioni di ricerca e approfondimento.
- Corso di Storia: il problema delle fonti e la letteratura.
- Storia dell’Arte: tre sono le scene che maggiormente hanno ispirato gli artisti: quella del libro e del bacio; la terrificante dell’uccisione; quella delle anime di fronte a Dante (e Virgilio) nella bufera infernale. Leggere la Storia attraverso le immagini.
- La fortuna nella Letteratura: come gli scrittori e i poeti hanno letto, citato o riscritto la vicenda (es.: Francesco Petrarca, Trionfo d’amore, III; Alessandro Tassoni, La secchia rapita, canti V e VII, J.L.Borges).
- Un filone interessante potrebbe essere le emozioni nella letteratura: mentre Francesca racconta, Paolo piange in silenzio, e Dante, sentendo il racconto e guardando i due amanti infelici, viene sopraffatto dall’emozione fino a svenire: “caddi come corpo morto cade”. Lo svenimento, il pallore improvviso, le lacrime, sembrerebbero espressione di una natura debole, “femminile”, ma nella letteratura classica queste erano caratteristiche anche maschili, segno di animo nobile: così le lacrime di Achille nell’Iliade, o gli svenimenti dei centomila soldati francesi della Chanson de Roland alla notizia della morte di Orlando.
- La deformità e la zoppìa. Carlo Ginzburg ne ha scritto in Storia notturna (Einaudi, 1989): “Malformazioni o squilibri deambulatori contraddistinguono esseri (dei, uomini, spiriti) in bilico tra il mondo dei morti e quello dei vivi in un quadro molto ampio di tipologie in ambiti culturali eterogenei, dalla Grecia alla Cina”. Zoppicare, strascicare una gamba ferita, avere un tallone vulnerabile, camminare con un piede scalzo, inciampare, saltellare su un piede solo: Edipo (“piede gonfio”), Achille, Vulcano, Filottete, Hermes, Dioniso, ecc. Tra gli altri ricorda l’uomo con un’unica gamba d’argento incrostata d’oro e pietre preziose che Galvano incontra nel Perceval di Chreten de Troyes (siede in silenzio sulla soglia di un castello circondato da un fiume in cui si trovano personaggi creduti morti da tempo).