Compagnia di Teatro di innovazione, sperimentazione, infanzia e gioventù
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GIOVANNA D’ARCO

giovanna-darcodi Pier Paolo Conconi
con Luisella Conti

Con la partecipazione straordinaria al canto di Rita Penduzzu, Maria Rosaria Soro ed Enrica Virdis

Direzione Musicale di Mario Chessa

Scene di Michele Grandi e Carmelo Sisto
Costumi di Roberta Amadu

Si ringraziano per la collaborazione i Bertas, l’Associazione noiDonne 2005 e Afsaneh Seyed

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-“Ho diciannove anni! Non è possibile che così giovane mi vogliano uccidere”-
Questo pensa a un certo punto la nostra Giovanna d’Arco: chi meglio di lei potrebbe rappresentare la gioventù, così esposta, per l’adesione naturale e spontanea agli ideali del giusto e della libertà, alla repressione terribile di chi non ammette che possa essere messo in discussione il proprio potere, di chi non permette differenze di opinioni.
Il cimitero fuori dalla cattedrale di Rouen è gremito. È il 24 maggio del 1431.
Sono lì per bruciare Giovanna d’Arco. Lei è incatenata, guarda con orrore il boia e il suo carretto: il fuoco avrebbe potuto ardere bruciandole prima i piedi, poi le gambe e il suo corpo di vergine.
Non può bruciare viva. Lo capisce soltanto adesso. «Posso avere salva la vita?».
Il giorno prima aveva detto: “Anche se mi portate al rogo, non rinnegherò mai le mie azioni e le mie idee!”.
Ciò però avveniva ieri, quando era ancora al sicuro nella sua cella, ora invece è su una pedana in un cimitero, e ai suoi piedi c’è un uomo incappucciato di nero con il cappuccio più nero che lei abbia mai visto. Il nero della morte. E quell’uomo la considera già sua.
L’avrebbe presa. Non aspetta che di metterla sul carretto e portarla al rogo in questo stesso momento, questa mattina, e all’improvviso niente ha piùsenso.

-“Se mi sottometto avrò salva la vita?”- chiede ancora Giovanna e, alla risposta affermativa, decide di abiurare.

La paura ha il sopravvento, come è successo per quelle ragazzine di Teheran che l’8 marzo dello scorso anno avevano irriso su TikTok, ballando il twerking, la misoginia degli ayatollah che proibisce alle donne di danzare e cantare, e che, trovate dalla polizia, sono state costrette a scusarsi pubblicamente.
I poteri assoluti, i regimi totalitari e intolleranti temono i giovani, perciò li vogliono ammutolire con il terrore (come bene esemplifica George Orwell nel romanzo distopico 1984).

Finisce qui? Vincono loro? Non vinceranno mai, non si può fermare il vento, non si può fermare il mare, la primavera ritorna. Giovanna infine non avrà timore della morte. All’improvviso si rende conto che non ha più paura di nulla: “Rimetto i vestiti da uomo e l’armatura. Li riprendo di mia volontà, senza costrizione. Non rinnegherò più ciò in cui credo ed ho sempre creduto! È di nuovo maggio. Sono di nuovo libera e viva. Il sole splende di nuovo per me. Mi vesto d’argento, indosso l’armatura ed ho un bianco stendardo. Il vento di nuovo mi accarezza. Ascolto il mio cuore e tutto si quieta”.

La storia di Giovanna non è una storia antica, non appartiene al passato, non può oggi essere più attuale, la vediamo ripetersi in tante società, presso tanti popoli, nei femminicidi della nostra civilissima Italia, nel medioevo oscuro che imprigiona le donne afghane; ma forse il testimone più vero è passato alle ragazze di Teheran, alle compagne di Mahsa Amini che con coraggio incosciente scendono in piazza contro un assurdo regime teocratico. Giovanna è stata bruciata per aver voluto indossare i pantaloni come un maschio, in Iran si viene ammazzati o incarcerati per non aver indossato nel modo giusto l’hijab.
La nostra Giovanna è l’emblema di tutte le donne che amano la vita e la libertà: maggio è il loro mese preferito, loro stesse sono una giornata meravigliosa di maggio.

Le donne, le raga zze, i giovani dell’Iran non cederanno alla paura.

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